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| Titolo: VALLE FONTANABUONA ( LIGURIA) Gio Apr 21, 2011 6:19 pm | |
| GUARDANDO UN CONCORRENTE DI "CHI VUOL ESSERE MILIONARIO" ( CHE OLTRETUTTO CREDO CHE SI ISCRIVERA' VISTO CHE CI SIAMO SENTITI VIA MAIL...) HO PENSATO DI APRIRE UN TOPIC SU QUESTA LOCALITA' SICCOME IL SUO PROGETTO ( CON I SOLDI VINTI) ERA QUELLO DI FARSI UN VIGNETO... ( O MEGLIO VITIGNO TRATTANDOSI DI UVE DA VINO...U.U) HO PENSATO DI ANTICIPARE UN PO' LE SUE MOSSE E DI METTERE UN TOPIC CHE DESCRIVESSE UN PO' LE SUE ZONE. La Valle Fontanabuona (o Val Fontanabuona) è una delle principali valli della provincia di genova, raggiungibile dai caselli di genova-Est e di lavagna
Fontanabuona (Fontann-a bonn-a ), citato per la prima volta nel 1148 nel registro della Curia arcivescovile di Genova, prende il nome dalla presenza di un'antica fontana . Gli abitanti del paese qui venivano a rifornirsi di questa pregiata acqua, tanto da aggiungerne la parola buona. Fu così che l'intera vallata prese il nome di Fontana Buona, ad oggi poi chiamata Fontanabuona. Conosciuta soprattutto per le sue numerose cave di pregiata ardesia è situata nella parte di levante della provincia di Genova nell'entroterra del golfo del tigullio Si sviluppa alle spalle del promontorio di portofino ed ha nell'entroterra di chiavari i suoi centri principali. QUI SI PRODUCE UN VINO CHIAMATO:
Scimiscià. E' un vitigno storico in pieno rilancio: pare dia risultati eccellenti
- www.veronelli.com ha scritto:
- Il mondo dell’enologia del Levante ligure è in fibrillazione per la
riscoperta di un vitigno, capace di produrre vini di qualità, a rischio di estinzione: lo scimiscià. Il Petrarca, ne L’Itinerarium Syriacum, a proposito della Riviera di Levante dice: “questo lido è ricco di palme e di cedri tanto che nessuna terra è come questa nemica di Cerere, ma assai gradita a Bacco e a Minerva”. Dunque già ai tempi del Petrarca il vino di questa zona era molto apprezzato e, tra quelli più “correnti”, vi era proprio lo Scimiscià, che, trascurato per molti anni, è stato riscoperto per merito di un arzillo ultraottantenne ex pasticciere, Marco Bacigalupo. È a Cassottana di Cicogna, nella Val Fontanabuona, all’interno di Chiavari (in provincia di Genova), che egli possiede un piccolo appezzamento di terreno di circa un ettaro a medio impasto, sub-acido, con esposizione sud ovest, coltivato a viti, tra le quali anche 500 piante di scimiscià. Il nome “scimiscià” (o, a seconda dei luoghi, scimixà, simixà, cimicià, cimiciato) è piuttosto curioso e pare derivi da cimice, in dialetto ligure cimicia, a causa delle punteggiature sugli acini simili a quelle delle cimici.
I vecchi la sapevano lunga Della storia di Bacigalupo e di un vitigno così singolare mi hanno parlato diffusamente Roberto Sai, responsabile operativo della cooperativa agricola di San Colombano Certenoli, e Silvia Dellepiane, tecnico agronomo della stessa. Bacigalupo, un giorno, stufo di vedere il suo vigneto in grande degrado, decise che fosse arrivato il momento di sfruttare al meglio quelle vigne che davano un tempo uno squisito vino. A lui era sconosciuto, ma i vecchi del posto gli avevano detto che ricordava il sapore dello Scimiscià, ottenuto dall’omonimo, antico vitigno locale. Non essendo del mestiere, pensò di chiedere aiuto alla Comunità Montana della Fontanabuona, concedendole il vigneto in comodato gratuito. E così è cominciata la rinascita dello Scimiscià. La Comunità ha affidato il compito di recupero alla cooperativa agricola di San Colombano Certenoli, che, con la Icollaborazione del professor Lorenzo Corino dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano Veneto, sezione di Asti, ha cominciato nel 1999 a fare delle analisi ampelografiche. Sono state svolte presso la Scuola di Agricoltura di Aosta delle prove di microvinificazione di vino puro, senza perciò aggiunta di zucchero o correzione di acidità o altre manipolazioni, a diversi gradi di maturazione delle uve, per definire il momento più idoneo per la vendemmia. Nel 1999 sono state fatte due prove, la prima il 9 settembre e l’altra il 14 dello stesso mese: dalle prove di assaggio si è notato che la seconda vendemmia era di qualità nettamente superiore. Nel 2000, visto che la seconda vendemmia era stata migliore, le prove sono state fatte più tardi, il 14 settembre e il 4 ottobre. Anche nel 2000, la seconda è risultata di qualità superiore.
Il passito è il più tradizionale Il vino è bianco paglierino con riflessi verdolini, sapido, di buona persistenza, fresco e di gradevole sensazione finale. La gradazione zuccherina e l’acidità sono normalmente superiori ai vitigni locali quali vermentino e bianchetta genovese. La versione passita è quella della tradizione. Bacigalupo ha deciso di lasciare il terreno alla Comunità Montana che continua a lavorare assieme alla cooperativa agricola, e l’interesse della Camera di Commercio di Genova per questo vino rimane immutato. Dal 27 febbraio 2003 la cultivar risulta iscritta nel registro nazionale dei vitigni. Nel 2004 anche la Provincia di Genova, su invito della Comunità Montana Fontanabuona, nella figura dell’assessore all’Agricoltura Marina Pondero ha cominciato ad interessarsi alla sua salvaguardia e rilancio. È stato quindi commissionato, come mi ha esaurientemente spiegato Gian Carlo Stellini, responsabile dell’Ufficio della Promozione Territoriale Agricoltura della Provincia di Genova, uno studio sul Dna della pianta a Silvia Pezzulli, dell’Istituto di Fruttiviticoltura Ucsc di Piacenza (assieme a M. Stella Grando), e a José Vuillamoz dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (Trento). È emerso così che il vitigno è una varietà ben distinta dalle altre classiche della zona (vermentino e bianchetta genovese) e che il suo profilo genetico coincide con quello del genovese, vitigno trovato in Corsica (e chiamato laggiù “la” genovese). Si consideri al proposito che i rapporti tra Genova e la Corsica durarono cinque secoli! In provincia di Genova è stato largamente coltivato nell’entroterra di Chiavari, e specialmente nella Val Fontanabuona e in Val Graveglia. Non si esclude la sua presenza anche in altre zone viticole del Mar Tirreno, ma la sua antica coltivazione è da ricondursi all’entroterra genovese.
Molto si stanno interessando Oltre a Bacigalupo, altri tre produttori lo coltivano: Fabio Nervo di Coreglia Ligure, Maria Teresa Penco dell’Azienda agrituristica U Cantin di San Colombano Certenoli, Maria Luisa La Sala dell’Azienda agrituristica Valle Chiappella di San Colombano Certenoli. Però solo quello di Cassottana, di Bacigalupo, potrà essere messo in commercio per la prima volta quest’anno (a metà giugno 2006). Per un totale di 500 bottiglie da 0.5 litri. La vendemmia ha avuto luogo a settembre, 25 quintali di uva per 250 litri di vino. I grappoli sono stati portati in Piemonte ad appassire, sino a metà dicembre, quando è avvenuta la vinificazione; da questo momento è partito il processo di affinamento che si concluderà a metà giugno. Gli altri tre produttori dovranno aspettare ancora un anno per la produzione, perché solo di recente sono state date loro 2.000 barbatelle. La voce del successo delle sperimentazioni ha cominciato a fare il giro della zona, e molti contadini anziani, che ricordano questo unico vero vitigno locale molto diffuso anticamente, in quanto miglioratore degli altri mosti, sarebbero anche loro disposti a lanciarsi nell’impresa. A supporto di questa iniziativa, nell’aprile del 2004 si è costituito il Corevi (Comitato promozione e recupero vitigni locali), costituito da Provincia di Genova, Comunità Montana, Cooperativa San Colombano, i tre agricoltori, l’Associazione Val Graveglia a Tavola (costituita dai ristoratori), dal giornalista Virgilio Pronzati e dall’enologo Nello Capris. Avendo una sua spiccata personalità, lo Scimiscià potrebbe in futuro caratterizzare il territorio della Val Fontanabuona e rilanciarlo dal punto di vista enologico. Incrementerebbe così la tradizione ligure della produzione dei vini. Alcuni studiosi, infatti, ritengono che in Liguria la vite selvatica fosse già presente in epoca pre-romana nel 1000 a.C. e lo storico G.B. Arata, nel 1882, parlando dei tipi di vitigni del circondario di Chiavari accenna anche al “cimiciato”. Lo Scimiscià ha dunque alle spalle una lunga storia, ma con la sua riscoperta e valorizzazione è destinato a gratificare i palati più raffinati e ad allietare le mense dei liguri e dei buongustai.
Ma non c’è solo il vino Ma la Val Fontanabuona, una delle valli più verdi e rispettate dall’uomo della Liguria, soprattutto nella sua parte montana, non è solo valvola di sfogo per coloro che desiderano tranquillità e aria pura lontano dal caos costiero. Tra i suoi comuni, infatti, si possono fare scoperte interessanti. A Cicogna, per esempio, il centro più popoloso, c’è la torre campanaria di San Giovanni costruita nella prima metà del 1000, sopravvissuta alla demolizione della vecchia chiesa. Un restauro di una decina di anni fa ha evidenziato la primitiva struttura romanico-lombarda. È qui che sorge anche l’ecomuseo dell’ardesia, essendo infatti Cicogna capitale dell’ardesia estratta dalle cave della zona. Fu proprio nel collegio di questa cittadina che, nel 1848, Giuseppe Garibaldi fu eletto al Parlamento Subalpino. A Tribogna, altro famoso centro artesiano, è esposto sul fianco del palazzo municipale un bassorilievo in ardesia che in 26 pannelli illustra la storia del paese trasfigurata in una sorta di mitologia civile con feste religiose, rappresentazioni delle stagioni, eventi della storia locale. A Lorsica, invece, è in allestimento il museo del damasco. Questo piccolo insediamento di mezza costa è infatti rinomato dal Cinquecento per la presenza di artigiani tessitori di preziosi damaschi e tela per macramè. |
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