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MessaggioTitolo: EXIT THROUGH THE GIFT SHOP   EXIT THROUGH THE GIFT SHOP Icon_minitimeVen Mag 27, 2011 6:02 am

VISTO IERI SERA SU RAI 5.
UN DOCUMENTARIO GIRATO DA BANKSY ( UN NOTO STREET ARTIST)
SULLA STREET ART.
E' FENOMENALE , DA VEDERE.
PARLA DI TIERRY GUETTA, UN RAGAZZO FRANCESE CHE COMINCIO' COL FILMARE LA SUA VITA, OGNI MOMENTO, OGNI ISTANTE. FINO A TROVARSI IN MEZZO AGLI ARTISTI DI STRADA PIU' FAMOSI D'AMERICA ( SPACE INVADER, SHEPARD FAIREY E BANKSY!)

E' DA VEDERE... PERCHE' IN PRATICA TIERRY PARTE DA ZERO E SI RITROVA, DOPO UNA DECINA DI ANNI, CON UNA STANZA PIENA DI CASSETTE , CON REGISTRATO SOPRA LA SUA VITA. E CI FA UN DOCUMENTARIO ( LIFE REMOTE CONTROL) CHE NON PIACE , VISTO CHE HA CONCENTRATO PIU' DI 10 ANNI DI VIDEO IN 90 MINUTI!

NASCE COSI' L'IDEA DI FARE QUESTO DOCUMENTARIO SULLA STREET ART.



SE AMATE LA STREET ART GUARDATEVELO.. E' UN FILM CHE VI LASCIA INCOLLATI ALLA TV.
EXIT THROUGH THE GIFT SHOP 45716




blog.ilmanifesto.it ha scritto:
Il film evento dello scorso festival di Sundance, Exit Through the Gift Shop,
e’ il miglior film attualmente nelle sale americane. Il film e’ un
“mockumentary” un documentario assai probabilmente apocrifo anche se non
e’ mai chiaro dove finisce la “realta’” e dove inzia la finzione, come
si addice perfettamente cioe’ a Banksy, la primula rossa della street
art, che su questo equivoco ha costruito la propria carriera e la
propria produzione artistico-concettuale. “Mockumentary” dicevamo di
indeterminata identita’ ma che ufficialmente e’ la storia di Thierry
Guetta. Tipo eccentrico: francese trapiantato a LA, mercante di vestiti
usati con basettone e faccia rubiconda da avventore assiduo di bistrot,
aspetto buffo quanto il denso accento francofono che impasta il suo
inglese pieno di luoghi comuni e banalita’ sul mondo dell’arte
underground che lo ossessiona. Guetta, ci racconta lo stesso Banksy,
volto oscurato e voce digitalmente alterata tipo gola profonda, e’ un
“videomane” che anni fa si e’ fissato sul mondo della street art
entrando in confidenza con molti artisti da strada tramite suo cugino,
il writer francese Space Invader, poi Shepard Fairey e infine l’elusivo
Banksy stesso. La compulsione fa di Guetta uno Zelig dello street art,
fra lo stalker e il groupie che diventa accompagnatore di scorribande
notturne nelle capitali d’America e d’Europa con la telecamera sempre
accesa e poi col secchio di colla alla mano, via via sempre piu’
complice degli artisti. “Ci stava sempre intorno, documentava le azioni
e alla fine e’ diventato un amico” continua Banksy mentre la
soggettiva si snoda in attacchinaggi abusivi e arrampicamenti sui tetti.
Quando pero’ gli artisti infine chiedono a Guetta di montare un
documentario su di loro il risultato e’ un inguardabile frenetico
montaggio di due ore, Guetta e’ tanto affascinato dai suoi soggetti/eroi
quanto incapace di raccontarli. Qui Banksy ci spiega di aver preso in
mano il materiale e il montaggio mettendo al centro del film proprio
Guetta che nel frattempo ha deciso di improvvisrarsi lui stesso “street
artist” come i suoi idoli, assumendo artisti “veri” per produrre le
opere che espone e vende a migliaia di dollari in una megamostra a Los
Angeles. Il successo di Guetta artista “falso” mette in crisi quelli
veri, Banksy e compagni, che nel finale si interrogano sul significato
dell’arte e della sua sovversione. Si chiedono gli street artist: dove
finisce la dissacrazione e dove inzia la truffa? Intanto a noi
spettatori sorge assai lecito il dubbio che il film setsso sia una
montatura di Banksy e dei suoi compari – un falso d’artista come quelli
cui ci ha abituato e forse proprio per questo un colpo di genio.
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