18 novembre 1978: 911 persone (di cui circa 200 bambini) vengono trovate morte a Jonestown, in Guyana.
Si tratta di quasi tutta la popolazione di un villaggio creato da Jim Jones, capo di una setta nata nel 1955 in America.
Jones accoglieva persone di ceto sociale medio-basso, emarginati e minoranze etniche con prediche ispirate alla bibbia e al comunismo e faceva vivere tutti in comunità.
La sede fu cambiata qualche volta nel corso del tempo, ma dopo delle accuse di stupro da parte di alcuni adepti decise di trasferirsi in Guyana facendo edificare nel mezzo della foresta una vera e propria città che fece chiamare Jonestown.
Questa città era completamente isolata dal resto del mondo, impossibile entrare, impossibile (anzi, diciamo "fortemente sconsigliato") uscire. Agli abitanti venivano fatti sentire gli insegnamenti del reverendo Jones da degli altoparlanti, oltre che durante le messe e le riunioni.
Il 17 novembre 1978 il deputato Leo Ryan entrò nel tempio per indagare sulle attività di Jones e del tempio. Alcune persone si avvicinarono e chiesero di essere portate via, e fù l'inizio della strage.
Leo Ryan, la scorta, e le persone che erano con lui furono uccise dalle guardie del corpo di Jones, che di li a poco decise di uccidere tutti.
Riunì la comunità e diramò l'annuncio che tutti si sarebbero dovuti suicidare quel giorno bevendo un mix di succo di frutta e cianuro. Iniziò dai bambini.
Solo un centinaio di persone si salvarono, tra cui il figlio di Jones, mentre lui e sua moglie si ammazzarono con un colpo di pistola.
La cosa assurda è che non tutti si sentirono obbligati a morire, alcuni erano talmente devoti a quell'uomo da avvelenarsi ed avvelenare i propri figli.
“L’ultimo orgasmo che mi piacerà avere sarà la morte, se potrò portarvi tutti con me” (Jim Jones)