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BUON DIVERTIMENTO. All'altezza di una vita dignitosa  Immagi10
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 All'altezza di una vita dignitosa

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AutoreMessaggio
Concy31
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All'altezza di una vita dignitosa  Empty
MessaggioTitolo: All'altezza di una vita dignitosa    All'altezza di una vita dignitosa  Icon_minitimeMer Gen 25, 2012 4:52 pm

Come vivono le persone affette da acondroplasia, malformazione
scheletrica comunemente nota come "nanismo"? Lo abbiamo chiesto a due
donne che ne sono interessate, dopo avere riflettuto, nelle scorse
settimane, sulla notizia di una coppia che ha deciso di non riconoscere
il proprio figlio, e di lasciarlo in ospedale subito dopo il parto,
perché interessato appunto da acondroplasia

Prima testimonianza
Vuole presentarsi?

«Mi chiamo S.C., ho 21 anni e studio Scienze Internazionali e Istituzioni Europee all'Università di Milano».

Come
è stata accolta all'interno della sua famiglia la diagnosi di
acondroplasia? Ha riscontrato un cambiamento degli atteggiamenti col
passare del tempo?
«Nel 1990 non c’era così tanta
informazione sull'acondroplasia, quindi la mia famiglia è rimasta
letteralmente scioccata dalla diagnosi in quanto non aveva idea di quali
fossero le controindicazioni in merito a questa malattia rara.
Successivamente si sono informati e hanno capito che crescere una figlia
acondroplasica sarebbe equivalso a crescere una figlia normodotata, ma
con qualche centimetro in meno»

Uno dei primi momenti di
vita sociale delle persone è l’ingresso nel mondo della scuola. Quali
sono i ricordi più significativi rispetto alla sua esperienza
scolastica?
«Sono sempre stata una bambina solare e di
compagnia. Quando i bambini mi chiedevano perché ero più piccolina di
loro, io glielo spiegavo senza problemi. A volte, alcuni compagni di
classe mi prendevano in giro, ma ho sempre cercato di far loro capire
che non avevo niente di meno. A livello tecnico, non ho mai avuto
bisogno di un'insegnante di sostegno, né di particolari modifiche per
l'altezza dei banchi o delle sedie».

Com'è stato
l'ingresso nel mondo del lavoro? Come descriverebbe il suo ambiente di
lavoro dal punto di vista dei rapporti con gli altri lavoratori
presenti? E dal punto di vista dell'utenza?
«Non sono ancora entrata nel mondo del lavoro».

Pensa che la sua disabilità abbia influenzato o influenzi la sua vita di relazione? E se sì, in che modo?
«Io penso che più che la disabilità in senso stretto, sia il modo di viverla a
influenzare la vita di relazione. Avere centimetri in meno non
significa essere meno intelligenti o meno simpatici, ma questa è una
cosa che ogni persona acondroplasica dovrebbe far capire. Il pregiudizio
a livello sociale c'è, ma si deve semplicemente spiegare alle persone
che quello che pensano sul nanismo è sbagliato e che è frutto di
un'assente informazione passata».

Ci racconta un suo sogno? Lo ha già realizzato, o ci sta ancora lavorando?
«Il primo sogno che sto realizzando è quello di studiare all'estero, sul secondo ci lavorerò dopo la laurea».

Seconda testimonianza
Vuole presentarsi?
«Mi
chiamo V.M., ho 58 anni, vivo a Vasto, in Abruzzo, in una casa che mi
piace molto. Vivo con un fratello più grande di me, non sposato, con il
quale condivido anche il lavoro. Infatti abbiamo un'impresa che lavora
nel campo dell'informatica: sia nel settore commerciale, sia nel campo
della formazione».

Com'è stata accolta all'interno della
sua famiglia la diagnosi di acondroplasia? Ha riscontrato un cambiamento
degli atteggiamenti col passare del tempo?
«La mia nascita
ha recato, certo, delle difficoltà iniziali, non essendoci state prima
delle diagnosi prenatali (data la mia età, l'ecografia non veniva
effettuata). Il mio arrivo è stato un fulmine a ciel sereno!
Inizialmente i miei genitori mi hanno molto protetta da tutte le
"aggressioni" che potevano arrivare dall'esterno. Poi man mano, anche
loro, insieme ai miei fratelli più grandi (sono l'ultima di otto figli),
hanno imparato a vivere con più maturità e con totale passione la mia
"diversità". Insieme siamo stati capaci di affrontare il mondo esterno
con molta più serenità e spontaneità».

E lei, come ci convive?
«Come
ci convivo? Ci convivo molto più serenamente che in passato. Affronto
tutte le situazioni con quasi totale naturalezza; è stato un lavoro
molto intenso e difficile raggiungere questo traguardo e poi...
finalmente... è arrivata l'AISAC [Associazione per l'Informazione e lo Studio dell'Acondroplasia, N.d.R.] nella mia vita, che ha reso tutto molto più fluido, annullando gli ultimi timori e smussando molti angoli».

Com'è
stato l’ingresso nel mondo del lavoro? Ha trovato un lavoro che le
piace, adeguato alla sue competenze e aspettative? Come descriverebbe il
suo ambiente di lavoro dal punto di vista dei rapporti con i colleghi? E
dal punto di vista dei rapporti con le altre persone, con le quali deve
interagire (ad esempio clienti, altri imprenditori ecc.)?
«Nel
campo del lavoro sono stata favorita entrando subito nell'azienda di
famiglia. Faccio un lavoro che mi piace moltissimo e non ne farei un
altro: all'interno dell'impresa mi occupo del settore amministrativo. Ho
un ottimo rapporto con collaboratori e dipendenti. Ma io ho davvero un
ottimo rapporto con tutti ed è molto raro che qualcuno mi faccia pesare
la mia diversità. I pochi che lo fanno, con qualche sorriso ironico o
con sguardi curiosi, ora mi lasciano "quasi" indifferente. Del resto ho
imparato a convivere anche con queste situazioni, come con quelle delle
innocenti espressioni dei bimbi che mi incontrano in ogni luogo».

Pensa che la sua disabilità abbia influenzato o influenzi la sua vita di relazione? E se sì, in quale modo?
«Ho
una vita di relazione molto intensa, oltre all'impegno lavorativo che
mi occupa molto. Faccio teatro, ho moltissimi amici, vivo una vita
attiva di fede, curo molto la mia casa e il mio giardino, faccio pilates
e jogging. Per riuscire a fare tutte queste cose, mi alzo molto presto
al mattino. Sinceramente non ho difficoltà relazionali e questo è
certamente merito e maturità delle molte persone che sanno accogliermi.
Quando questo, raramente, non accade, lo accetto più o meno serenamente e
ciò dipende dal mio stato d'animo del momento».

Ci racconta un suo sogno? Lo ha già realizzato, o ci sta ancora lavorando?
«Quando
ero adolescente il mio sogno era formare una famiglia nella quale
vivere serenamente e gioiosamente... il sogno di tutti gli
adolescenti!!! Questo non è accaduto e attualmente non mi dispiace, sono
davvero serena così. Ora ho un altro sogno: superare questa globale
crisi economica, che ci fa vivere, all'interno dell'impresa, difficoltà
gravose. Abbiamo dipendenti e collaboratori che sono mamme e papà che
hanno famiglie e il loro stipendio è l'unica fonte di reddito. Questo ci
rende molto responsabili, perché non vorremmo mai creare delle
difficoltà alle loro famiglie. Per noi si sta creando davvero una
situazione difficile e insostenibile. Il mio sogno, dunque, è proprio
quello di superare presto e bene questo momento economico, per vivere
insieme ai nostri collaboratori una vita di lavoro più serena».
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