Ricky-One C.L'.A.N.
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| Titolo: Ilaria Capua: La scienza open source Mar Nov 09, 2010 4:24 pm | |
| Ilaria Capua: La scienza open source "Di fronte a un rischio per la saluta pubblica, è eticamente accettabile non condividere i dati e le informazioni?" Allora. Parliamone. Ho vinto nel 2007 il premio SciAm50 per la leadership in science policy e nel 2008 sono stata inclusa fra le cinque "Revolutionary Minds" dell'anno dalla rivista americana Seed. Parliamone, per cercare di comprendere i meccanismi dietro questo riconoscimento formale a livello internazionale e in che cosa ciò si può tradurre. Nel 2006, in piena emergenza mediatica da H5N1, cioè l'aviaria, il laboratorio che dirigo è il primo a caratterizzare il primo H5N1 africano. Come laboratorio che si occupa di sanità pubblica veterinaria, ci rendiamo conto che l'introduzione di questo virus nel continente africano si tradurrà in grave malattia e morte per alcune persone, milioni di animali morti e riduzione della principale fonte di proteine nobili alle popolazioni più in difficoltà. Lo sapevate che il pollo è l'unica carne che non ha barriere religiose e viene consumata in tutto il mondo? È la prima volta che un virus influenzale con le caratteristiche dell'H5N1 raggiunge l'Africa e la comunità scientifica non può perdere tempo. Ricevo una telefonata da un funzionario dell'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, che mi invita a depositare in un database ad accesso limitato (solo 15 laboratori) il codice genetico (l'impronta digitale) del virus; in cambio avrei avuto accesso tramite password al suddetto database. Mi trovo di fronte a un bivio: entrare a far parte degli auto-eletti depositari della scienza, oppure mettere a disposizione della comunità scientifica i nostri dati. Così abbiamo fatto e la sequenza è stata scaricata mille volte da GenBank in una settimana, scatenando un dibattito internazionale sull'accessibilità ai dati scientifi ci in tempo reale che sconfi na nell'etica della ricerca. Dove si traccia la linea fra quelli che possono essere considerati dati di un ricercatore o di un gruppo e quelli invece della comunità scientifica intera? Nell'era della comunicazione globale, a fronte di un rischio (reale o percepito) per la salute pubblica, è eticamente accettabile tenersi delle informazioni che possono aiutarci a comprendere meglio l'evolversi di un'epidemia? Non me la sono sentita e ho rotto gli schemi. Sono fi nita in un uragano di consensi ed è arrivata anche qualche dolorosa critica. Le testate internazionali come il Wall Street Journal, il New York Times, il Washington Post e ovviamente Nature e Science hanno cercato di scuotere la comunità scientifica, sorpresi e increduli che potessero anche solo esistere problematiche di questo tipo. Quello che mi ha insegnato l'esperienza è che, se hai cose da dire e il tuo lavoro è solido, bisogna avere il coraggio di andare controcorrente e di sfidare le consuetudini. Certo, è rischioso, si ha paura di fare una figuraccia, di rimanere isolati, ma è solo attraverso un confronto alla pari che possiamo fare il salto di qualità. Ed è giusto che chi lo può fare lo faccia e assuma ruoli rilevanti nella comunità scientifica internazionale. Tutto ciò mi porta a un'ultima riflessione: «Ma tanto qui non cambia niente». Ecco. Questo non è vero. Se io, veterinario che lavora presso una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale sono stata in grado di accendere un dibattito internazionale che ha toccato l'Assemblea mondiale della sanità, ha fatto criticare aspramente un sistema poco trasparente (che di fatto rallentava la ricerca) a favore di una raccolta dati e di analisi degli stessi aperta e soprattutto inter-disciplinare, sono sicura che in altre discipline ci sono colleghi preparatissimi, con idee innovative, che possono rompere gli argini e far prendere alla ricerca una direzione che ci porti a essere partner e leader della scienza che conta. FONTE:http://mag.wired.it/rivista/storie/ilaria-capua-la-scienza-open-source.html |
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