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| Titolo: CERIMONIA INDU' (Antyeshti) Dom Set 11, 2011 8:30 pm | |
| I funerali indù,Antyeshti, sono parte fondamentale della cultura indiana ma variano largamente a seconda degli usi regionali, le tradizioni familiari, lo stato civile del defunto e naturalmente la sua casta.
Circa quattromila anni fa i cadaveri nel subcontinente indiano venivano esposti agli elementi naturali, come ancora consueto nella religione dei Parsi oppure sepolti nella terra, nelle acque di un fiume o in grotte. Col passare dei secoli la cremazione si affermò come rito principale, con alcune eccezioni quali i bambini piccoli, i Sadhu, e i morti per vaiolo o altre pestilenze. La cremazione divenne allora il passaggio fondamentale per permettere all'anima di raggiungere il più rapidamente possibile una nuova dimensione, evento non realizzabile finchè il vecchio corpo esiste come tale. I riti funebri indù si dividono in quattro fasi:
I rituali da compiere quando la persona è ancora sul letto di morte, in agonia.
I riti che precedono e accompagnano la cremazione.
I riti che permettono il passaggio dell'anima del defunto dallo stadio Preta ( spirito) a quello di Pitrs, antenato.
I riti in onore degli antenati, Pitrs.
Quando possibile si cerca sempre di trasportare a casa le persone in fin di vita. Le si pone col viso verso Est e una lucerna viene accesa vicino al capo del moribondo. Versi sacri vengono allora recitati nel tentativo di rianimare la persona ma, in caso di fallimento, il sacerdote ne dichiara la avvenuta morte. Mantra specifici vengono sussurrati nell'orecchio destro del defunto, gocce di latte o di acqua del Gange versate nella sua bocca e la sua fronte segnata con pasta di sandalo. La cremazione dovrebbe avvenire, se possibile, lo stesso giorno.
Come detto, i riti variano a seconda di molti fattori, ma le linee dettate dai Purana indicano che il cadavere debba venir lavato e vestito con abiti tradizionali nuovi. Venga poi adagiato prima sul suolo, e lì commemorato da parenti e amici, e in seguito posto su una sorta di barella in legno, adornata di fiori coi quali si ricoprirà lo stesso defunto, dopo che questo sia stato denudato e coperto da un telo che varia di colore a seconda del sesso e dello stato civile e l'età, coi pollici e gli alluci legati insieme.
I parenti maschi del defunto portano dunque la barella sulle spalle fino al luogo della cremazione, se possibile passando per luoghi che furono significativi durante la vita appena spenta. Il luogo della cremazione, chiamato Shmashana, è tradizionalmente posto sulle rive di un fiume o del mare, dove la pira viene preparata. Su questa viene posto il cadavere volto verso Sud; tutti gli eventuali gioielli vengono rimossi e si pone dello sterco di vacca sul petto del defunto.
Presiedono il rito generalmente il figlio maschio primogenito se il defunto è il padre, il maschio ultimogenito se la defunta è la madre, accompagnati dalle preghiere del sacerdote; le donne raramente sono ammesse alla cerimonia. Il figlio dovrà dunque fare tre volte il giro della pira in senso antiorario, aspergendola con acqua o/e ghee - burro chiarificato contenuti in un recipiente di terracotta che poi romperà schiantandolo al suolo, per poi accendere lui stesso i legni in corrispondenza della testa del defunto e poi abbandonerà la cerimonia. Si recitano preghiere per incoraggiare le varie parti del corpo a riunirsi con gli elementi: la voce con il cielo, gli occhi con il sole, il respiro col vento e così via.
Quando le fiamme avranno consumato il corpo - è necessaria qualche ora - i partecipanti al funerale tornano a casa, lavano se stessi, si vestono di bianco in segno di lutto e puliscono la casa da cima a fondo, perchè considerata, come la famiglia intera, resa impura, contaminata dalla morte: non si recano nè al tempio nè a casa d'altri fino al completamento dei riti. Dopo due/tre giorni la persona che ha presieduto i riti tornerà allo Shmashana per recuperare le ceneri del defunto, che vengono nuovamente asperse d'acqua e separate quelle scure, provenienti dal legno, da quelle chiare, resto del corpo, così come recuperati i frammenti ossei ancora interi, chiamati Fiori. Questi resti vengono poi dispersi, accompagnati da fiori e lampade votive, in un fiume o in altre acque considerate sacre in una cerimonia chiamata Visarjanam.
Nei seguenti 10 giorni si osservano i riti atti a facilitare la migrazione dello spirito al regno degli Antenati. Si considera che se questa parte dei rituali viene omessa o mal applicata, l'anima si trasformerà in uno spirito maligno, Bhuta. Questi riti comprendono l'offerta di palline di riso, Pinda, alla foto del defunto, ai corvi, ai pesci del fiume o semplicemente abbandonate all'aperto. Dopo una settimana, dopo un mese e in fine un anno dopo la morte, i parenti officiano con un sacerdote la cerimonia chiamata Shraddha, di omaggio e ringraziamento agli Antenati tra i quali contano ormai il defunto.
Oggi comunemente in India si celebra uno Shraddha globale in onore degli Antenati giusto prima della festività di Navaratri, una sorta di 2 Novembre locale.
Nel caso di personaggi celebri, eroi nazionale etc. nel luogo ove avvenne la cremazione viene eretto uno Samadhi, un memoriale che non contiene resti del defunto. Nel caso di santi, sadhu, etc. viene celebrato un funerale simbolico per commemorare la loro illuminazione raggiunta e l'abbandono della vita terrena al momento dell'assunzione dei voti, mentre al momento della morte effettiva verrano poi sepolti in terra o in acqua.
FONTE - Citazione :
- Secondo
la religione indù nessun bambino minore di 3 anni può essere cremato alla morte, ma non esiste ormai alternativa degna per i piccoli defunti nelle grandi città
Secondo i riti funebri indu' nessun bambino morto prima dei 3 anni d'età può essere cremato. Nella Capitale indiana sono in funzione 60 crematori e dopo aver ricevuto il rifiuto per motivi religiosi da ben 8 di essi, il signor Shantanu Sharma si è dovuto rassegnare alla tradizione: i bambini vengono generalmente affidati alle acque del fiume, oppure sepolti. Ma non esiste un cimitero per gli indù, nessun luogo regolamentato, nessuna norma igienica, nessuna legislazione a riguardo: i parenti scavano con mezzi propri piccole buche presso il Bacche wala Ghat, la riva dei bambini, una terra di nessuno popolata da cani randagi, altri animali famelici e i collettori di stracci, tra immondizia, resti umani divorati, il tanfo di corpi in decomposizione e le acque luride dello Yamuna, proteggendo alla meno peggio il corpo del proprio piccolo con pietre e mattoni dall'assalto degli animali.
A nessun essere umano può essere negato il diritto a una degna sepoltura o alla cremazione, secondo le leggi laiche dello Stato indiano, e il Comune di Delhi scarica la responsabilità della situazione sulle associazioni religiose che amministrano i crematori della Capitale secondo tradizione. Una tradizione che può sostenersi ancora solo nei piccoli centri rurali ma non certo nelle grandi metropoli indiane. Il caso sollevato dal signor Shantanu Sharma, in memoria del piccolo Raghav, forse porterà finalmente giustizia e dignità anche per i piccoli indù e per chi li ha amati.
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